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Le Borgate di Gemona del Friuli

      Il cuore pulsante della città

      Gemona è una vivace cittadina, in cui si possono distinguere il centro storico e l’insieme delle borgate. Il continuo dialogo tra centro e periferia, tra ‘borghesans’ e ‘placiarui’, è un suo tratto distintivo e comprendere la sua evoluzione sociale ed urbanistica e fornisce un interessante punto di vista su questa terra che ha saputo, nei momenti di crisi, trovare gli strumenti collettivi e la forza di riprendersi e ricostruire.

      Gemona, la vista dall’alto del Castello

      Il punto di vista privilegiato per raccontare le borgate di Gemona è il parco del Castello. Salendo lungo la scalinata ovest, bisogna avere cura di osservare l’esposizione delle vecchie foto panoramiche che mostrano la piana gemonese prima del terremoto. Nelle romantiche foto in bianco e nero si nota subito come un tempo ampi tratti di campagna separassero compatti gruppi di case raccolti attorno ad una fontana, ad un incrocio, ad una via. Ogni borgata era quasi un piccolo paesino autonomo con le sue botteghe, la piazza, le sue strutture pubbliche.

      Guardando oggi Gemona dall’alto balza subito all’occhio come, benchè la popolazione cittadina sia rimasta pressoché invariata di numero, la campagna sia stata divorata delle villette monofamiliari che hanno occupato gli spazi tra le borgate, come se queste fossero esplose in mille frammenti. Questo profondo mutamento urbanistico, che ha caratterizzato la ricostruzione, rappresenta bene il profondo mutamento sociale avvenuto.

      Scopriamo le undici borgate di Gemona del Friuli

      Foto storica di Gemona - Daniele Carnelutti

      Le 11 borgate: ognuna con il proprio santo protettore, la propria sagra, unite nella solidarietà e rivali nelle competizioni sportive.

      Campolessi
      Maniaglia
      Ospedaletto
      Campagnola
      Godo
      Gois
      Piovega
      Stalis
      Taboga
      Taviele
      San Pietro

      Eppure molti elementi continuano a sopravvivere e continuano a fare delle borgate importanti centri di socialità. Cuori di questa vita sono tutt’ora le strutture collettive che ogni borgata possiede. A volte si tratta di semplici baracche sopravvissute al post-terremoto, a volte di ex asili, a volte di strutture più moderne, ma sempre queste strutture sono i ‘luoghi’ della comunità sia per le miriadi di piccole attività che vi si tengono tutto l’anno, come scuole o laboratori, sia per i numerosi eventi che ospitano, dalle feste private ad eventi pubblici, tra i quali la sagra annuale, che scandisce la vita della borgata quanto o più delle varie ‘feste comandate’.

      Da San Valentino in Godo a Santa Lucia in Piovega, per tutto l’anno le sagre si alternano portando le singole borgate al centro della vita gemonese. Ed ogni sagra ha la sua particolarità che merita di essere scoperta, ognuna con la sua specialità culinaria o la sua offerta sportiva e culturale. 

      Segno della vitalità delle borgate sono anche i momenti in cui si affrontano in competizioni sportive, come il torneo di calcio a 7 di Campolessi e l’antico gioco medievale della pilote che si gioca rigorosamente in via Cella.

      Il borgo di Maniaglia

      Riprendendo l’osservazione dal colle del Castello, guardando a levante e in alto, si nota la frazione di Maniaglia. È menzionata nei documenti del comune fin dal 1200 come “burgus Maniagle”. Il patrono della borgata (e della sagra) è Santa Anna.

      Benché sia in realtà dedicata a Santa Maria la Bella, nella credenza popolare è a Santa Anna che era dedicata la cappella lungo via IV Novembre (distrutta e mai più ricostruita dopo il terremoto) che per secoli è stata il luogo di pellegrinaggio votivo connesso a riti di fertilità femminile.

      Il borgo di Godo

      Ai piedi del Castello, alle pendici del Monte Glemina, si adagia Godo. Si trova probabilmente qui il nucleo originario dellintera cittadina, e precisamente nella fontana di Silans, menzionata come “ad Silanos” nella “Tabula Peutingeriana” (una copia basso medievale di una mappa del III-IV sec. d.C. riportante le vie dell’Impero romano)  In latino il termine significa “zampillo”, “fonte d’acqua”, ed indica una stazione di sosta lungo la via romana Julia Augusta che da Aquileia saliva verso il Norico passando proprio da lì.

      Poco lontano è stata riconosciuto un pavimento ad ipocausto che attesta la presenza di una villa romana. Vicino alla fontana di Silans c’è la chiesa di San Valentino, che ha una significativa particolarità. E’ stata infatti realizzata negli anni ‘80 dalla borgata stabilizzando la baracca che era stata posta in luogo della vecchia chiesa del ‘200, distrutta dal terremoto, e rappresenta un umile simbolo di cooperazione e rinascita.

      Dalla fontana di Silans è possibile raggiungere il Centro risalendo il tratto pedonale di via Glemina, grossomodo lungo l’antico tracciato della Julia Augusta. Il tratto è reso suggestivo dai muri che la costeggiano, in parte ricostruiti da volontari della borgata, che conducono al cinquecentesco Lavadôr.

      La borgata di Piovega 

      Dai giardini del castello è chiaramente riconoscibile la linea della ferrovia Udine-Tarvisio, con al centro la stazione ferroviaria e la borgata di Piovega, che deve il suo nome al “piovego”, ovvero la tassa fatta pagare agli abitanti della zona per costruire (a cavallo tra XII e XIII sec.) un sistema di rogge, ancora funzionanti, che alimentarono anche numerosi mulini e fucine.

      Oltre la ferrovia si estende un’area oggi fortemente urbanizzata e sviluppata, specie lungo la direttrice della SS13 Pontebbana. Fino a pochi secoli fa era una zona poco abitata perché soggetta alle continue piene del Tagliamento. Solo agli inizi del ‘900, con la creazione del “consorzio roste Tagliamento”, si sono innalzati gli attuali argini che hanno posto fine ai capricci del fiume.

      Fino ad allora, tutta la piana era caratterizzata dall’alternarsi di zone paludose - il cui ricordo è nei nomi di strade come via Paludo e via Marzars - con altre aride e ghiaiose che solo grazie a continue opere di bonifica e canalizzazione irrigua è diventato territorio fertile. 

      Le borgate di Campolessi, Campagnola, Taviele e San Pietro.

      Ancora nelle carte ottocentesche la zona era indicata con un unico “campo di Gemona”. Oggi, verso Artegna, si nota la frazione di Campolessi, separata da Capo Taboga dalla ferrovia Gemona-Sacile.

      Risalendo la Pontebbana, si incontra la borgata di Campagnola, affiancata da Taviele (la ‘tavella’ identificava in epoca romana il terreno di una villa). Ancora oltre incontriamo borgo San Pietro, che prende il nome dall’omonima cappella costruita a metà del ‘800, l’unica  a superare integra i terremoti del 1976. 

      Osservando le foto della pianura risalenti agli anni ‘70 non si può non notare il profondo cambiamento urbanistico in atto, con le villette sorte ovunque che rendono difficile distinguere una borgata dall’altra. Questo processo, che si è accompagnato allo spopolamento del centro, fa sì che oggi Gemona appia come‘franata’ demograficamente verso la sua pianura.

      La frazione di Ospedaletto

      Continuando lungo la SS13 Pontebbana giungiamo alla frazione di Ospedaletto, luogo che ha restituito il numero maggiore di reperti di epoca romana. Collocato all’estremo nord della pianura friulana, all’imbocco delle valli alpine, è plausibile che fosse un luogo di sosta, specialmente per il cambio dei grandi carri da pianura con i più maneggevoli carri da montagna.

      L’attuale nome della frazione risale all’ospedale di S. Spirito, creato qui nel XIII sec. ad uso dei viandanti, e poi accorpato, nel XVI sec., a quello di San Michele tutt’oggi esistente. Accanto al suddetto ospedale sorgeva la chiesa di S. Spirito, ricostruita in stile gotico-fiorito nel corso del ‘800 e la Chiesetta di Ognissanti: un piccolo gioiello ornato da affreschi risalenti al XIV e al XV secolo, venuti alla luce con i crolli causati dal terremoto del 1976.

      Interessante, dal punto di vista iconografico, il Cristo dell’Apocalisse, vestito di bianco e con due spade, raffigurato sulla parete di fondo. Da qui, immettendosi sulla SS13 Pontebbana, seguendo la direzione per Tarvisio, dopo 5 km, si giunge nella medievale cittadella di Venzone.

      Le borgate di Gois, Glesute e Stalis.

      Transitando lungo la SS13 Pontebbana, è invece possibile apprezzare la parte alta di Gemona, adagiata sul conoide di deiezione che scende tra il maestoso monte Cjampon e il monte Glemina. In basso, verso Ospedaletto, troviamo il borgo di Gois e sopra, verso Sant’Agnese, Gleseute. In alto, sopra il centro storico, la borgata di Stalis. Tanto Gois, quanto Gleseute e Stalis erano un tempo borgate rurali estremamente povere (Gois era conosciuto anche come il ‘borc dai vueis’*): oggi sono tra le zone più urbanizzate ed ambite per la posizione elevata che assicura un meraviglioso panorama sulla pianura friulana. Una nota specifica merita anche il borgo di San Rocco, appena sotto al centro, se non altro per la vitalità della sua sagra agostana che ospita anche la premiazione del torneo di Pilote.

      Itinerari

      Lavadôr-Silans

      La Gemona Ricostruita

      Il Modello Friuli

      Le feste tradizionali delle borgate

      Sagre