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San Michele Affrescoteca

L’Affrescoteca di Gemona del Friuli:
gli affreschi salvati dal sisma

L’ex Chiesa di San Michele: ieri e oggi, sede dell’Affrescoteca

L’Affrescoteca di Gemona del Friuli sorge al posto dell’ex Chiesa di San Michele. Quest’ultima nel 1447 fu dapprima costruita dentro le mura della città e consacrata tre anni più tardi. Venne demolita tra il 1884 e il 1885 per poi essere ricostruita fuori le mura della città. Nel 1976 il terremoto la distrusse completamente e la Soprintendenza decise di ricostruirla, tra il 1985 e il 1987, come puro volume a fianco della storica Porta Udine. 

Oggi l’ex Chiesa di San Michele ospita gli affreschi salvati dalle chiese che furono distrutte dal sisma del 1976 e che non furono più ricostruite: Santa Maria delle Grazie e San Giovanni in Brolo. Conserva anche una "Madonna con Bambino", prima collocata nella facciata dell'Ospedale San Michele.

Gli affreschi salvati dal Convento della Beata Vergine delle Grazie

Il ciclo di affreschi, databile dal XIV al XVII secolo, proveniente dal convento della Beata Vergine delle Grazie è così suddiviso:

  • Episodio della Vita di SantEligio. Santa martire, prima della metà del XIV secolo.
  • Cavalcata dei Re Magi
  • Sposalizio della Vergine
  • Andata a Betlemme
  • Natività
  • Adorazione dei Magi
  • Circoncisione
  • Fuga in Egitto e incontro con Santa Cecilia
  • Figura sulla soglia di un palazzo
  • Madonna con un Bimbo e un Santo
  • Sinopia del Compianto su Cristo morto
  • Compianto su Cristo morto.

Fu lo storico Valentino Baldissera, nel 1889, a citare per primo il ciclo di affreschi commentando così (1889, p.14):
“1622: Hoc integrum opus factum est ex uniformi jugalium voto: iscrizione con gli stemmi abbinati Passavolante e altro ignoto in una delle lunette dipinte del Chiostro aderente alla Sacrestia. [ Credo debba intendersi degli affreschi che qualche disgraziatissimo pittore colorì in quel lato: né meno infelici sono quelli a fianco della Chiesa], opinione negativa condivisa anche da Giuliani (1942, p.79). 

Lo storico dell’arte Alberto Rizzi, nelle sue pubblicazioni in merito al rinvenimento di brani di pittura murale dopo il terremoto del 1976, dà notizia del recupero “di affreschi popolareggianti del 1622 rappresentanti Storie della Vergine. Metà circa delle scene, già occultate da intonaco, vennero spontaneamente alla luce dopo il settembre ’76 e furono visibili dopo lo sgombro delle macerie effettuato nella primavera del ’77, ammettendo che di questi riquadri "furono staccate solo le scene integre sacrificando quelle frammentarie". (Alberto Rizzi, 1979, pp. 57-59).
Come testimoniato da Guido Clonfero (1974, p.140), prima del terribile evento, erano già in luce". Nell’ala nord-est dell’ex chiostro, nella parete, affreschi ex-voto, del 1622, raffiguranti, da sinistra a destra: La Circoncisione di Gesù, LAdorazione dei Magi, La Fuga in Egitto, La Natività, nonché due stemmi abbinati dei Passavolante con la seguente scritta: HOC INTEGRU(M) OPUS FACTU(M) EST EX UNIFORMI JUGALIU(M) VOTO. 1622. 

Quindi le scene salvate dopo i rinvenimenti post-terremoto del 1976 sono: Lo Sposalizio della Vergine, La Fuga in Egitto, Incontro con Santa Cecilia, Figura sulla soglia di un palazzo e quella che Guido Clonfero definisce coma Fuga in Egitto, potrebbe essere interpretata invece come Andata a Betlemme perché è dipinta nel riquadro immediatamente precedente a quello della Natività, e separata da esso dallo stemma in cui si è detto in precedenza. In più, nella "presunta" Fuga in Egitto l’iscrizione frammentaria che corre al di sopra, può essere così interpretata: EX AEG (IPTO) VOCAVI FILIVM MEVM, che altro non è se non il Vangelo di Matteo (2,15), che illustra la profezia di Osea (11,1), riguardo proprio all’episodio di Giuseppe a cui appare in sogno l’angelo del Signore per indurlo a trasferirsi in Egitto insieme alla propria famiglia. La Santa Cecilia introdotta nello stesso riquadro può benissimo essere un’aggiunta richiesta dalla committenza per particolari motivi di  devozione.

Secondo Beatrice di Colloredo Toppani: "Il ciclo offre motivi di interesse per il linguaggio gustosamente popolare, non privo di ricchezza inventiva e appare preziosa testimonianza storica di una cultura figurativa devozionale volta a tradurre in termini comprensibili a tutti i fedeli il linguaggio delle Sacre Scritture". (DI COLLOREDO TOPPANI 1983, P.49).

Si può essere d’accordo con la definizione della studiosa, se si considera il ciclo con le Storie della Vergine come una sorta di ex-voto "in grande", commissionato per le nozze che hanno unito la famiglia Passavolante ad un’altra, ancora ignota, casata.

Da uno dei documenti reperiti da Innocenzo Giuliani (1942, p. 127) si sa che la situazione del convento della Beata Vergine delle Grazie proprio nello stesso 1622 non era certo delle più rosee. Infatti, proprio in quell’anno, quando l’istituzione era di nuovo di pertinenza dei Minori Osservanti, il padre guardiano Onofrio da Venezia, eletto dal convento di San Francesco Grande a Padova, invia alla sua Comunità una supplica per ricevere degli aiuti economici. Il religioso dichiara esplicitamente come i debiti del convento ammontino ad oltre 3000 lire, in cantina vi siano soltanto 10 litri di vino, manchi la legna per l’inverno e vi sia bisogno di almeno 250 zecchini per vestire le sette persone, tra laici religiosi, che in quel momento animavano la vita del chiostro. Si potrebbe quindi anche ipotizzare anche le due famiglie committenti degli affreschi, abbiano potuto avere una parte nel sostenere la comunità religiosa in un momento di così grave difficoltà.

[Testi tratti da "Opere ad affresco nella ex Chiesa di San Michele Arcangelo", estratto dal volume "Il museo di Gemona" a cura di Franca Merluzzi.]

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